L’ABATE ANTONIO STOPPANI E L’ISOLINO VIRGINIA

  • by Francesca - Ven, 22/01/2016 - 11:50

di FRANCESCA STRAZZI, Dottore di Ricerca in Storia e Letteratura italiana dell'età moderna e contemporanea

Il “Bel Paese” fu il libro più venduto tra fine Ottocento e inizio Novecento e divenne emblema dell’Italia laboriosa e industriale, come dimostra la scelta di Galbani d’intitolare al romanzo stoppaniano un prodotto caseario. La vera consacrazione del libro, però, è sotto il profilo scientifico e morale con l’intento di educare il popolo mediante la conoscenza della conformazione del territorio e dei grandi scienziati e letterati che ne hanno fatto la storia. Lo scopo pedagogico di Stoppani sarà successivamente alla base del pensiero e della vita di una sua parente: Maria Montessori che, stando alle fonti biografiche, vide in lui un modello e un maestro. Nel “Bel Paese” vi sono dei chiari riferimenti agli insediamenti palafitticoli presenti sul lago di Varese; i quali furono studiati dallo stesso autore che qui giunse per scoprirne le caratteristiche. La relazione stesa dallo stesso Stoppani e pubblicata negli “Atti della Società italiana di Scienze Naturali” (V volume) reca la data 31 maggio 1863, giorno in cui l’autore riferisce gli esiti delle sue ricerche ai membri della Società. Egli venne incaricato dal presidente dott. Emilio Cornalia, l’allora direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, di esplorare e studiare alcuni depositi fossiliferi e le antichissime abitazioni lacustri presenti presso l’attuale Isolino Virginia. Per intraprendere tale spedizione gli fu affidata la somma di 500 lire e gli fu chiesto di farsi affiancare da personale competente in materia archeologica. Il rapporto del Segretario Stoppani “Sulle ricerche fatte a spese della Società nelle Palafitte del lago di Varese e negli schisti bituminosi di Besano”, come riporta il titolo, presenta i risultati della ricerca e fornisce dati tecnici sulle sei stazioni di ritrovamento. A ciò si aggiunge una nota dell’autore che elogia gli abitanti di Varese: “IN UN MESE E PIÚ CHE SI RIMASE COLÁ, NON EBBIMO AD INCONTRARE CHE LA PIÚ BENEVOLA ACCOGLIENZA, A RICEVERE I PIÚ MANIFESTI SEGNI DI SIMPATIA E LE PIÚ GENTILI PRESTAZIONI, TUTTO CIÓ INSOMMA CHE PORGE TESTIMONIANZA ALLA GENTILEZZA E INTELLIGENZA CHE DISTINGUONO GLI ABITANTI DI QUELL’AMENISSIMO DISTRETTO” (cit. da Rapporto del Segretario A. Stoppani). Questo elogio a Varese e ai suoi abitanti è una sincera manifestazione di affetto da parte dell’autore, in quanto nel suo rapporto scientifico egli poteva o omettere questo appunto privato o presentare le sue rimostranze nei confronti della cittadinanza. Il punto di partenza delle ricerche stoppaniane a Varese è l’Isola “DI PROPRIETÁ DELLA CASA DUCALE LITTA, DETTA L’ISOLINO O L’ISOLA CAMILLA” (cit. da Rapporto del Segretario A. Stoppani). Dalle carte topografiche del XVI e XVII secolo sappiamo che l’attuale Isolino Virginia era noto come Isola di San Biagio; al momento degli scavi stoppaniani, essendo di proprietà della famiglia Litta, il nome Camilla era stato assegnato in onore della moglie del duca Antonio, Camilla Litta Visconti Arese. Dal settembre del 1878 il nome dell’Isolino diventa quello che oggi ancora usiamo, in quanto nel 1865 i Litta vendono la proprietà alla casa Ponti e Andrea decide di rendere omaggio alla propria consorte “regalando” il suo nome a quel tratto lacustre così affascinante e ricco di storia.  

A questo punto mi permetterei una postilla personale, ovvero citando  colui che Stoppani definiva un maestro (Alessandro Manzoni): forse anche sul lago di Varese, in quel tratto lacustre, in cui l’autore ha rinvenuto i resti di un’antica civiltà sarebbe bello vedere un “PONTE, CHE IVI CONGIUNGE LE DUE RIVE, [e] PAR CHE RENDA ANCOR PIÙ SENSIBILE ALL'OCCHIO QUESTA TRASFORMAZIONE” (cit. Promessi Sposi).