I NOBILI NOMI E IL CORTEGGIAMENTO DEGLI UFFICIALI
- by Francesca - Mer, 29/04/2015 - 10:51
di FRANCESCA STRAZZI, Dottore di Ricerca in Storia e Letteratura italiana dell'età moderna e contemporanea
Alle soglie del XIX la Lombardia poteva contare sulla lungimiranza burocratica del dominio asburgico di Maria Teresa prima e di Giuseppe II in seguito a cui si aggiungono, e Stendhal lo ha ben presente, note positive per l’educazione dei giovin signori dell’epoca; infatti molti ebbero per maestro l’abate Giuseppe Parini il cui nome è da ricordare non solo per immagini divertenti come quelle della vergine cuccia, ovvero la nobildonna svenevole perché il servo ha urtato la cagnetta (del resto a secoli di distanza questa macchietta appare quanto mai attuale!), ma soprattutto per il Giorno, un galateo settecentesco che ci dimostra l’abilità di questo educatore. A tutto questo Stendhal, non dimentichiamo un francese, aggiunge la passionalità e gli ideali bonapartisti e in un certo senso la spinta rivoluzionaria contro il tradizionalismo burocrate. La Lombardia di Stendhal è un luogo materiale dove vivono insieme aspetti della cucina, le famose cotolette alla milanese, del folklore e della vita così come poteva sperimentarla uno straniero di passaggio in questi luoghi. Beyle rimane affascinato, tanto da annotarlo in varie circostanze sia sul finire del Settecento sia nel secondo viaggio nell’Ottocento da particolari mode delle signore milanesi e dal paesaggio che si gode dal Sacro Monte di Varese. Ecco allora ricorrere i nomi delle nobildonne varesine, dalla Frassini alla Staurenghi fino alla Ghirlanda; figure reali le quali hanno popolato la nostra città e che noi continuiamo a leggere, cercando di riconoscere noi stessi e la nostra storia e facendo fede alle parole di Stendhal quando scriveva je cours la chance d' être lu en 1900 par les âmes qui j' aime, ed è così la sua speranza di essere letto nel Novecento si è avverata, anzi nel Duemila cerchiamo tra le sue memorie i luoghi della nostra vita e vi scorgiamo come tanti cambiamenti non hanno alterato quello che lui e che noi oggi possiamo ammirare. La Milano di Stendhal è un luogo materiale dove vivono insieme aspetti della cucina, le famose cotolette alla milanese, del folklore e della vita così come poteva sperimentarla uno straniero di passaggio in questi luoghi. Beyle rimane affascinato, tanto da annotarlo in varie circostanze sia sul finire del Settecento sia nel secondo viaggio nell’Ottocento da particolari mode delle signore milanesi. Le graziose nobildonne sedute su bastardelle (curioso nome per delle carrozze molto basse, adatte alla conversazione con la gendarmeria a piedi o a cavallo) “parcheggiavano” le loro vetture sul Corso (l’attuale Corso Vittorio Emanuele) e cominciavano a chiacchierare con i passanti e allo scoccare dell’Ave Maria, ovvero sul calare della sera quando il buon costume non permetteva più tale adunanza, si riunivano nel caffè più noto per mangiare un gelato. Per gli ufficiali francesi, come il nostro scrittore, tale mondanità ha un sapore romantico e di conquista e per questo è divertente leggere le pagine dove il gioco della seduzione avviene in maniera così diversa dal consueto da rimandare alle sottili ironie di cui fu grande maestro il nostro Pirandello. Oggi nessun ufficiale si sognerebbe di corteggiare una ragazza con la macchina parcheggiata in doppia fila, eppure queste scenette di comportamento negli ultimi bagliori del XVIII secolo, oggi ci appaiono così romantiche e suggestive, da gettare una nuova luce su luoghi e ambienti di cui facciamo quotidiana esperienza.